Quest’anno ho avuto la possibilità di fare un’esperienza scuola-lavoro
all’estero, più precisamente in Spagna.
Un’esperienza unica, vissuta al massimo, sicuramente anche grazie a Javier.All’inizio ci vedevamo solo nel viaggio di andata e ritorno dal lavoro, un breve viaggio in auto che durava solamente 20 minuti. Molte volte capitava che lui non ci fosse o che io dovessi cambiare auto per motivi di spazio. Questo tempo, a volte, era prolungato dalla colazione in un bar/ristorante vicino ai campi di allenamento del Deportivo (squadra locale che gioca in Liga 2). La colazione era sempre offerta da loro e solo una volta riuscii a pagare io.
Non posso dire che questo tempo sia stato speso male: Javier era
molto interessato a ciò che gli raccontavo e a me piace discorrere, quindi quei
minuti sembravano volare ancora di più. Io gli raccontavo molto dell’Italia: la
cucina, il vino, le belle città, i monumenti, la cultura e anche i problemi
sociali e politici che affliggono il Belpaese; ovviamente gli parlavo anche di
me: dei miei gusti, di ciò che facevo lì e delle mie impressioni riguardo il
luogo e il lavoro. Lui invece mi raccontava della Spagna, della Galizia, di A Coruna e dei dintorni, del Deportivo, della moto Gp, di cibo e birra locali, ma soprattutto dove trovarli (il ristorante in cui abbiamo mangiato il piatto tipico locale: il Pulpo alla Galiega è stato un suo consiglio e… quanto era buono!). La cosa che più fa sorridere è che lui non capiva l’italiano e io lo spagnolo, tanto meno il galiego, ma alla fine ci intendevamo sempre, spesso, dopo una grassa risata per esserci fraintesi e aver
capito tutt’altro.
Gli ultimi giorni, sicuramente, sono stati i più belli. Sia io che lui lavoravamo nello stesso sito: un grosso complesso statale di campi, stalle e laboratori di ricerca e analisi. Lui lavorava nelle stalle e nei campi, più precisamente si occupava delle pecore, io invece lavoravo nel laboratorio di analisi di alimenti: un bellissimo laboratorio pieno di strumentazione interessante in cui ho fatto molta esperienza professionale.
Questo sito era molto grande e grazie a lui ho avuto la possibilità di visitarlo.
Il penultimo giorno di lavoro, dopo la pausa pranzo, mi venne a prendere al laboratorio e mi fece fare il giro di tutto questo complesso: fu molto interessante, poiché mi spiegò moltissime cose: di cosa si occupa il sito, di come era nel passato, delle varie razze di animali e delle loro differenze, di cosa si fa nei campi, del mangime e del perché si fanno ingrassare i buoi di razza frisona (razza da latte) cosa che neanche lui comprende.
Qui mi raccontò delle sue vacanze in Italia e, come tutti gli spagnoli, di quanto gli piaccia Firenze. Chiacchierando con lui ho scoperto che la Fiorentina è carne di vitello e non di vacca più vecchia.
L’ultimo giorno di lavoro, per pranzo (15,30 per intenderci), mi portò nel bar in cui facevamo normalmente colazione e scoprii che era anche un eccellentissimo ed economico ristorante. Avevamo una gran fame e mangiammo molto e bene, il piatto tipico del ristorante è la Tortilla spagnola: una frittata un po’ più spessa con dentro patate e nel nostro caso anche chorizo (salsiccia); “MAMMA MIA!”, commento che Javier ripeteva spesso, molte volte per burlarsi di me, questa volta invece descrive perfettamente il pranzo.
Durante il pranzo, inoltre, ci siamo organizzati per la serata.
Quella sera, infatti, giocava il Deportivo e lui mi ci portò. Ci incontrammo un po’ prima in modo da prendere una birra insieme che lui mi pagò, ovviamente, poi andammo alla biglietteria e mi pagò anche il biglietto... poi mi diede un'altra birra (analcolica) e un panino, sempre offerto da lui, ma la cosa che più mi colpì è che si scusò, pur non avendone colpa, per il brutto match che era stato giocato. Lo rividi solo l’ultima sera insieme ad altri colleghi; ci incontrammo per prendere un’ultima birra insieme in un bar vicino a casa mia. Caspita! Fu la birra più buona di tutto il soggiorno in Spagna! L’esperienza ormai è finita e sono molto soddisfatto di come è andata.
In quel periodo, in quei 20 minuti in auto, sono riuscito a costruire un rapporto, a creare una connessione, un legame con un’altra persona e vivo con il pensiero che quando vorrò tornare là potrò farlo ogni volta che voglio.
Perché? Perché come mi ha scritto lui poco prima di partire, là ho lasciato un amico! Su un’esperienza di questo genere si potrebbe scrivere molto di più, ma io ho deciso di raccontare quello che forse mi è rimasto più impresso: l’incontro tra due persone fino ad allora sconosciute che col tempo hanno stretto un rapporto di amicizia sincero, consapevoli del rischio di non potersi mai più rivedere. Spero proprio che questo non accada perché sono andato via da là con un gran senso di gratitudine nei suoi confronti e un giorno spero di poter ricambiare tutto ciò che lui ha fatto per me.
Leonardo Sabattini
Commenti
Posta un commento